MARIO FANTIN

ALPINISMO A TAVOLINO

Estratto dalla "Rivista Mensile" del Club Alpino Italiano - N. 10/1969

 

Esiste veramente una forma di alpinismo da potersi definire tale, fra i tanti "estremi" odierni dell'alpinismo stesso? In senso strettamente letterale, no certamente. In senso lato, sì: quando il tempo dedicato allo studio preliminare ed alla elaborazione dei risultati sia preponderante rispetto a quello dedicato all'azione sul terreno. Nella definizione stessa il contrasto è così stridente e quasi l'incompatibilità dei due termini è così forte che c'è da capire a volo quanto sia intenzionale una definizione del genere. Comunque fa colpo e fa soffermare chiunque a meditare un attimo.

Vogliamo dunque chiamare diversamente questo tipo di alpinismo, così bello, così completo, così vicino alle forme seguite dai nostri progenitori e dai pionieri?

"Alpinismo esplorativo" è la formula più frequentemente usata per questo tipo di peregrinazione fra i monti e le valli di regioni poco conosciute e quasi tutti sono d'accordo nel considerarlo alpinismo nel senso più puro e completo dell'espressione.

Chiamarlo "da tavolino" o "da biblioteca" o "da sala mappe" è indubbiamente per lo meno esagerato, ma è fuori discussione che l'essenza dell'esplorazione ha inizio e si conclude con un "lungo" studio fatto fra le pareti domestiche.

Preparazione, analisi preliminare dei problemi, enunciazione dei punti da chiarire, raffronti fra varie notizie da fonti storiche e geografiche, precedono sempre l'azione.

Quest'ultima è sempre molto breve, in raffronto al periodo di preparazione ed a quello conclusivo. Sotto l'aspetto quindi della "quantità" di tempo dedicata alle due fasi (o tre) sostanziali dell'alpinismo esplorativo, prevale soprattutto quello dedicato all'analisi ed alla consultazione di "fogli di carta".

Questi possono essere costituiti da relazioni di precedenti esplorazioni, fotografie, carte geografiche incomplete od imprecise, schizzi orografici, od anche macchie bianche equivalenti al classico "hic sunt leones".

Non deve però apparire che "l'azione" sia relegata in secondo piano, o che essa sia Treno importante. L'alpinista-esploratore (non cercate di vederlo col superato casco coloniale di sughero, per carità!) sa che essa è determinante, essenziale, insostituibile ed indispensabile perché il binomio studio-controllo sia operante.

L'azione, la scalata, l'ascensione, la traversata, l'avvicinamento (e se vogliamo, in certi casi, il sorvolo) permettono varie cose: conferma sul terreno di una scoperta, di una intuizione o di una supposizione fatta in fase di studio (a tavolino!); conferma e sintesi di varie interpretazioni, espresse da vari autori, in rapporto ad un problema. Una sola di tali interpretazioni può essere valida e bisogna saperla individuare; ricerca di determinati elementi geografìci, conferma della loro esistenza, dopo averne avuto notizia in forma accidentale, come elemento marginale di argomenti diversi.

Tutto questo può riguardare l'altezza di una montagna, l'andamento di un crinale (direzione, pendenza), la determinazione di una linea spartiacque (regionale, continentale), il percorso di un ghiacciaio, l'origine di una valle, la relazione fra due o più vallate, fra due o più ghiacciai, le connessioni generate da un valico o da una sella glaciale, l'orientamento esatto del versante di una montagna, l'identità o la diversità dei toponimi usati sui due versanti di un monte o di una catena, l'esistenza di una o più cime sulla cresta sommitale di un monte.

Sulle Alpi, tutto questo è già scontato; legioni di osservatori hanno indagato e riferito, e quasi non vi è più nulla da scoprire: la cartografia è dettagliata e precisa. Ma le catene montuose di tutto il mondo richiederanno diversi secoli di visite di alpinisti-esploratori, per esser rappresentate con sufficiente precisione su carte orografiche!

Se per l'alpinista appassionato di "pura arrampicata" è sufficiente talvolta una documentazione anche sommaria, per trovare la via di salita (forse anche la più semplice), per l'alpinista-esploratore (inteso come studioso di problemi) deve esserci una preparazione ed una informazione più approfondite. Se non conoscesse a fondo ogni aspetto della regione da percorrere o del gruppo montuoso da visitare, egli non sarebbe in grado di apprezzare, a vista e rapidamente, gli elementi del problema, né potrebbe talvolta rendersi conto di essere a due passi da una scoperta sensazionale (o potrebbe averla fatta materialmente, senza peraltro saperla apprezzare e valutare).

Si considera terminato il periodo esplorativo di una regione montuosa (Alpi comprese) quando su di essa vien pubblicata una guida, oppure una serie di carte planimetriche.

Nel campo dell'alpinismo extra-europeo (ed è ovvio che fin dall'inizio mi riferisca soprattutto a quello!) si può dire che sia ancora tutto da fare: neppure gli Stati Uniti posseggono una cartografia particolareggiata delle loro Montagne Rocciose! Il Sud America annovera migliaia di problemi da mettere a fuoco per l'orografia andina, l'Africa ha delle regioni cartograficamente ben rappresentate (Atlante, Kenya, Ruwenzori, Kilimangiaro) ma altre ancora nebulose (il Tibesti, ad esempio).

L'Asia è stata visitata per sommi capi, con rilevante precisione da schiere di alpinistiesploratori. Rimangono tuttavia vaste zone conosciute molto sommariamente.

La Groenlandia e l'Antartide riservano ancora alcune sorprese: l'esplorazione e la cartografia sono state fatte con mezzi aerei, ma sono poche le zone percorse e toccate dall'uomo, con fatica e disagi. Si è detto che, per l'alpinista-esploratore, l'esplorazione stessa inizia e termina in biblioteca o nella "sala delle carte topografiche" o negli archivi più impensati.

Non vi è nulla di più coerente, poiché anche quella è una vera e propria "esplorazione" fatta fra gli scaffali, non meno ricca di fascino e di attrattiva. Talvolta un vero "sesto grado", nella ricerca di un elemento che si intuisce esistere, ma la cui ricerca è legata ad un esilissimo filo, una sola fibra di quel trefolo che costituisce elemento non singolo di una corda per scalata.

La ricerca ed il reperimento di un argomento sono talvolta casuali, ma talvolta il raggiungimento della "pagina importante" (indagine esplorativa ed indagine bibliografica vanno spesso di pari passo) è il frutto di una indagine che stringe intelligentemente il proprio cerchio, sempre più, e spesso con profonde intuizioni.

Che cosa esiste di più bello che l'intuire l'esistenza di un aspetto orografico, non rilevato da alcuno, e trovare poi sul terreno la esatta rispondenza della situazione?

Quale maggior soddisfazione, dopo aver studiato a lungo una catena montuosa, od una montagna, attraverso i documenti, nel riconoscerla al suo apparire improvviso al fondo di una valle, al sommo di un colle, con tutti quei particolari strutturali che conosciamo ormai a memoria? La montagna, già così assimilata preventivamente, vi si fa incontro come una persona amica; la conversazione può essere ridotta a zero e limitata alla contemplazione. La montagna nulla ha da dirvi, che già non sappiate. La vostra conoscenza "teorica" di quel monte, fatta dietro alla scrivania di casa, è ora una conoscenza reale, preziosa e costruttiva.

Per il profano, l'alpinismo ha un solo aspetto: arrampicato di sesto grado, o qual. cosa di simile. Il conoscitore dell'argomento sa che l'alpinismo non ha un solo aspetto od un solo schema per praticarlo, ma infiniti. Grazie al cielo ed agli uomini, l'alpinismo una delle poche attività umane ricreative, con una forte componente sportiva, che può essere praticata in mille modi diversi, a seconda del gusto personale degli iniziati, e delle proprie attitudini. In mille modi, attraverso mille sfumature, l'alpinismo offre soddisfazione a chi lo pratica e vi ripone il suo entusiasmo, ripagando in ugual misura tutti, anche se in modo diverso.

I moderni epigoni dei pionieri, che salgono su di una montagna per la facile "via dei primi salitori" provano la stessa gioia di chi sale alla stessa montagna, dal versante opposto, per una via di estrema difficoltà.

1 primi avranno gustato il sapore storico ed estetico dell'ascensione, ed i secondi quello tecnico e cameratesco, per il maggior impegno e fiducia reciproca per il raggiungimento della vetta.

L'alpinismo extra-europeo, quasi sempre, indissolubilmente unisce ed alterna diversi tipi di alpinismo, diversi modi d; praticarlo.

L'alpinismo extra-europeo rappresenta una palestra meravigliosa per chi sappia avere gli occhi aperti (e non voglia esser cieco volutamente), perché spesso vi è davvero tutto da scoprire, tutto da analizzare, tutto da registrare. E chi non ha gli occhi aperti impara ben presto ad aprirli; impara ben presto ad interessarsi di molti argomenti che prima eran negletti.

Questa è la grande virtù dell'alpinismo-esplorativo, che può identificarsi quasi interamente in quello extra-europeo: è strano ma vero, che io abbia definito "alpinismo da scrivania" proprio quello che richiede viaggi intercontinentali di decine di migliaia di chilometri, e talvolta mesi di permanenza all'estero!

Eppure l'assurdo non esiste.

Nel 1800, sulle Alpi, l'alpinista era anche geologo, fisico, botanico, e biologo; oggi lo è raramente poiché sui vari argomenti si sa già tutto.

Per contrapposto, ancora oggi, su molte montagne del globo, si sa poco o nulla; le stesse popolazioni pedemontane possono essere oggetto di profondi studi: chi oggi andrebbe nelle vallate alpine a studiare le popolazioni?

Per certi alpinisti dediti ad imprese grandiose, il cosiddetto alpinismo-esplorativo può sembrare un insieme di semplicissime passeggiate. Va considerato invece che in paesi lontani, lo studio di una montagna comincia da zero; le informazioni e le indagini cominciano dalla "banalissima" via di avvicinamento, fino all'approccio del piede della montagna. Talvolta le difficoltà ambientali risiedono proprio nel trovare e nel percorrere quella via preliminare, che nelle ascensioni alpine può esser compiuta anche nottetempo ed in cattive condizioni atmosferiche, tanto essa è nota in ogni particolare.

Non è molto lontano il tempo in cui Whymper e Carrel cercavano la via più facile per raggiungere la cima del Cervino! Oggi tutto è noto, tutto è fotografato, metro per metro, ma allora si trattava di vere "spedizioni alpine;".

Così, in alpinismo extra-europeo (vedi "spedizione oltremare, come si suol dire) molto spesso tutto è nebuloso ed occorre iniziare veramente da zero, e vi è un dispendio di energie e di tempo quadruplicato rispetto ad un programma alpino.

Si riuscirà ad attraversare la fitta vegetazione al piede del monte? Riusciremo a trovare i portatori? In numero sufficiente? Giungeranno fino alla montagna o ci abbandoneranno prima?

La montagna che cerchiamo è proprio quella lì, davanti a noi, o non piuttosto quella più avanti, tanto somigliante?

Problemi logistici, dunque, problemi di individuazione degli obiettivi. L'animo è sempre in sospeso per cause apparentemente banali: vi soro spedizioni che hanno dovuto "cercare" a lungo la montagna desiderata (in loco, informazioni e descrizioni contrastanti tra loro), vi sono spedizioni che hanno scalato una montagna, convinti di scalarne una altra (relazioni erronee, rettifiche, difficoltà ad ammettere l'errore, amor proprio ferito), altre sono giunte sul luogo a lungo studiato pochi giorni dopo la ben riuscita prima ascensione di un altro gruppo (questo avviene anche sulle Alpi, ma con quanta differenza in spreco di tempo, denaro, lunghezza di viaggio!).

A volte l'alpinista sale su un'altissima montagna che si presume vergine e scopre per caso (ma se non fosse preparato culturalmente non osserverebbe neppure gli indizi che portano alla scoperta) che circa cinque secoli addietro tale montagna è stata scalata dalla popolazione locale, non per fare dell'alpinismo, ma per motivi religiosi. Tali scoperte sono da assegnarsi alle Ande, ove a 6600 metri le popolazioni incaiche salivano per sacrifìci alla deità; alpinismo ante litteram, preistorico o protostorico che dir si voglia!

C'è ancora qualcuno disposto a sostenere che tutto questo non è affascinante?

Si obietterà allora che il praticare l'alpinismo extra-europeo è costoso ed è privilegio di pochi iniziati: nulla di più inesatto! Lo dimostrano le molte spedizioni promosse in gruppi sezionali, lo confermano le numerose spedizioni che hanno visitato ad ondate successive certe zone (Groenlandia occidentale ed orientale, Kilimangiaro, Kenya, Ande del Perù).

Il genuino entusiasmo e la partecipazione cosciente li hanno dimostrati le spedizioni composte da persone che hanno pagato di tasca propria ogni onere di viaggio: si son resi conto che le grandi spedizioni finanziate dall'alto sono quasi tramontate e che la "pappa fatta" anche nel campo finanziario è da bandire.

Si obietterà anche che l'informazione è difficile: ma nel dir questo, il più delle volte non si fa neppure il minimo sforzo per cercare presso le fonti informative.

Dopo tre lustri di alpinismo extra-europeo, con orientamento esplorativo, ho compreso di essere ammalato: il "bacillus alpestris" era stato fagocitato e sostituito dal "bibliobacillus extra-aeuropeus".

Con il preciso intento di facilitare l'informazione attraverso opere monografiche riguardanti le regioni lontane più accessibili ai nostri giovani alpinisti, ho già sfornato il mio Italiani sulle montagne del mondo, seguito da Sui ghiacciai dell'Africa, cui fa "spalla" il recentissimo, di questi giorni, Montagne di Groenlandia. Un'opera che lascia ben pochi interrogativi a chi voglia avvicinare quella prestigiosa regione, perché corredata da una documentazione enorme, poliedrica, quasi enciclopedica.

La realizzazione di opere del genere è possibile solo quando si visiti un paese non soltanto con intenti alpinistici, ma si abbia occhio per tutto. D'altra parte, se l'alpinismo esplorativo non avesse come risultato finale quello di offrire ad altri relazioni ben precise, circostanziate e documentate, sarebbe una cosa arida, ed una manifestazione di egocentrismo simile a tante altre, non certo lodevoli.

Il pubblicare opere del genere significa operare soprattutto in vista della utilità altrui della immediata e rispondente consultazione da parte dei neofiti.

Il lavoro di ricerca, di preparazione, elaborazione, correzione e stampa non è neppure indenne dalle comuni fatiche dell'alpinismo: mesi ed anni di lavoro al ritmo di sedici ore giornaliere; bivacchi e intere notti insonni a revisionare bozze di stampa, per rispettare i termini previsti di pubblicazione. Correggere ad esempio 350 pagine di testo in cinque giorni, ha avuto il sapore di un 6° grado, se vogliamo essere pignoli di una via in A3! Gli oneri incontrati hanno proporzioni gigantesche; vere montagne di denaro. Ma tutto questo fa parte "dell'alpinismo esplorativo", quello che permette di costruire, una informazione dietro l'altra, la famosa piramide sulla quale salgono le spedizioni più recenti, che ormai hanno già tutto appreso da quelle precedenti.

Nel lavoro a tavolino, l'alpinista legge, assimila, apprende, confronta gli avvenimenti: vive indirettamente cento e cento esperienze e ne trae ogni insegnamento.

Oltre tutto, partecipa idealmente ad ogni ascensione, e quindi ripete mentalmente, all'infinito, la gioia provata da altri: impara più analizzando pregi ed errori di molte imprese, che compiendone una soltanto.

L'alpinista, in terre lontane, deve affinare maggiormente quella dote già istintiva della osservazione, dell'indagine, della sintesi che utilizza parallelamente alla perfetta conoscenza di ogni tipo di roccia, di ghiaccio, di terreno, alla conoscenza cartografica. Conoscenze e doti che sono utilissime anche professionalmente in tempo di pace, ma che sono indispensabili per un militare in tempo di guerra.

A coloro che chiedono a che cosa serva l'alpinismo, ben pochi sanno rispondere che "fra l'altro" serve a preparare degli ottimi Alpini. Quegli specialisti che, al pari di tanti altri, non si improvvisano, ma che riassumono nel proprio patrimonio spirituale, psicologico e tecnico, molti anni di ripetute esperienze.

In previsione di una futura pace mondiale, l'uomo deve esser pronto e capace ad operare in armi in qualunque angolo del globo: montagne polari, montagne sahariane, montagne tropicali. Ognuna di esse ha una sua caratteristica peculiare, che l'alpinismo extraeuropeo ben conosce e non sottovaluta mai.

Fra qualche mese il Club Alpino Italiano pubblicherà un'opera monumentale, intitolata Alpinismo italiano nel mondo; monumentale sotto l'aspetto editoriale, ma anche e soprattutto per quello che gli alpinisti italiani hanno saputo fare in ogni continente. Se ne potrà dedurre che se le varie spedizioni comportano un inconsueto lavoro "a tavolino" dopo il rientro, questo "alpinismo da scrivania" a suo turno promuove ed alimenta l'alpinismo attivo in ogni contrada del globo.

Quando uno avrà letto per intero quel libro, una antologia uscita dalla penna di tutti gli alpinisti, potrà forse chiedermi incontrandomi: - Lo chiami "alpinismo a tavolino", quello lì?

Bontà sua, se saprà intuire che la mia definizione era più che altro scherzosa!

Mario Fantin(C.A.I. Sezione di Bologna, C.A.A.I.)